Il disastro ambientale in Emilia Romagna

Il disastro ambientale in Emilia Romagna  dopo la solidarietà e gli aiuti per le popolazioni vede ora tutti gli sforzi concentrati sul ripristino  dei danni causati dall’alluvione. Viene spontaneo chiedersi se qualcuno ha posto il problema delle risorse necessarie  per agire non solo sugli effetti ma anche sulle cause di ciò che è successo.

Se infatti l’evento è da definirsi eccezionale per la sua intensità, certo non si può dire che si tratti di un evento isolato nella storia del nostro paese, la lista potrebbe iniziare perlomeno dal periodo alto medievale.

Lasciamo tale ricerca a chi è interessato. Piuttosto,  ci preme ricordare che dopo l’unità d’Italia e soprattutto nel periodo fra le due guerre mondiali il nostro paese ha investito ingentissime risorse economiche per la sistemazione idraulica dei bacini montani. Un’azione capillare che si è estesa dalle Alpi alla Sicilia, con migliaia di opere realizzate, sulla scia di uno sforzo fatto da altri paesi europei: Francia, Svizzera, Austria, Spagna , Portogallo, per citarne alcuni,  che videro nella seconda metà dell’800  un peggioramento  del clima  con aumento delle precipitazioni che causarono frane e alluvioni. Tutte queste opere, che esistono ancora, sono in totale stato di abbandono.

Sembra sfuggire ai più che i danni in pianura iniziano in montagna, dato che siamo un paese collinare e montano, si parla di  due terzi del nostro territorio di cui ci dovremmo preoccupare. Si aggiunga a questo che con la riduzione della manodopera impegnata in attività agricole e forestali dal 70% del secolo scorso al 3,5 circa attuale, manca ormai totalmente quella manutenzione del territorio, come la pulizia di fossi e canali, che veniva regolarmente effettuata. Senza scordare la gestione “attiva” dei nostri boschi, attualmente in stato di quasi totale abbandono, i quali senza essere gestiti non svolgono la loro funzione.

Vale la pena ricordare che in Emilia-Romagna il bosco, dal secondo dopoguerra, è raddoppiato di estensione , così come nel resto d’Italia, pertanto sono inutili  i riferimenti ad immaginarie deforestazioni o desertificazioni, o ritorni alla natura come soluzione del problema. Boschi interi sono franati così come avvenuto nelle 5 terre nel 2011 o sulle Alpi Apuane nel 1996. Sarebbe quindi utile, oltre che preoccuparsi  sempre e solo  degli effetti, si intervenisse anche a monte della pianure. I costi di manutenzione del territorio sono sempre inferiori agli interventi necessari per rimediare ai disastri già avvenuti.

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