Gli alberi monumentali proposti da Rossi all’attenzione rispondono ai criteri del registro nazionale degli alberi monumentali, che intengra il registro nazionale dei paesaggi rurali storici, ambedue istituiti presso il ministero delle politiche agricole. La denominazione di alberi monumentali risponde a criteri storici e naturalistici, ma va chiarito subito che gli alberi monumentali italiani, sono quasi integralmente legati a pratiche agricole o forestali che ne hanno modellato le caratteristiche o alle popolazioni che li hanno piantati. Questa è la sostanziale differenza con altri alberi monumentali, come ad esempio le sequoie degli Stati Uniti. Gli esempi citati dal Presidente della Regione sono esemplari al riguardo, sia il leccio di Bucineche i cipressi di Bolgheri sono di origine antropica, ma oltre a questi abbiamo centinaia di castagni monumentali e di olivi, sfuggiti, per miracolo, ad indirizzi gestionali che hanno spesso portato alla eliminazione di questi esemplari centenari. Per gli olivi succede spesso che si taglino al piede, la ceduazione, per farli ricrescere più piccoli e renderli meccanizzabili, nella speranza , illusoria, di trovare un mercato per olio toscano prodotto in modo meccanizzato da piantagioni di tipo industriale. I cipressi di Bolgheri citati da Rossi meritano però un approfondimento. In realtà, all’inizio si trattava di pioppi piantati ai lati del viale che da San Guido va a Bolgheri, ma subito divorati dalle bufale che pascolavano libere in quelle che un tempo erano aree semi paludose, ottime per questi animali e per una possibile produzione di mozzarella, al tempo poco popolare. Si dice perfino che siano stati i Longobardi a portare le bufale in Italia, in effetti non lo sappiamo con certezza, ma di sicuro i Conti della Gherardesca, feudatari del luogo, erano di origine Longobarda. I cipressi furono la soluzione escogitata dal fattore dei Conti per evitare che il morso del bestiame distruggesse gli alberi, perché non graditi dai bufali. In breve, si arriva ad avere due filari di cipressi per due terzi circa della lunghezza del viale, mentre il terzo finale era composto da ulivi secolari. Tutto risolto? No. Si sarebbe dovuto fare i conti con la “potenza” della poesia. Alla morte di Giosuè Carducci, in segno di riconoscenza per la sua opera, la comunità di Castagneto oltre a prendere il nome di Castagneto Carducci, decise di terminare il viale, estirpando gli olivi centenari e piantando cipressi al loro posto. In sostanza è la poesia ad avere determinato il paesaggio attuale di Bolgheri, rimpiazzando una storia più antica. E’ una storia piuttosto frequente a Castagneto, così chiamato perché anticamente la sua collina era rivestita di castagni centenari e oggi di olivi, centenari anch’essi. Qual è allora il paesaggio storico di Castagneto? La questione è complicata lo ammettiamo…. Ma cosa rende diversi gli alberi monumentali dai paesaggi rurali storici? Il fatto è che per molti motivi, in Italia ed in Toscana, abbiamo non solo alcuni alberi monumentali, ma anche paesaggi storici interi, ancora conservati. Intorno all’Abbazia di Moscheta, paesaggio appena nominato nel registro nazionale, vi sono boschi interi di castagni e faggi, di valore storico. Certo conservare un albero monumentale è più facile, ma come insegnano le alberature dei viali di Firenze, essi sono destinati a morire prima o dopo. Un paesaggio storico si conserva e si rigenera proseguendo le pratiche agricole e forestali tradizionali e riguarda un intero territorio e la sua popolazione. La sua conservazione è un po’ più complessa, quindi, meglio occuparsi di alberi che salvare paesaggi.