A Firenze (lunedi 28) la presidenza della Regione Toscana consegna una medaglia d’oro ad un agricoltore che ha ripristinato dei terrazzamenti abbandonati sottraendoli all’abbandono. Sembra una notizia di carattere locale, in realtà è molto più attuale e legata a gran parte del paese di quanto non sembri. Una grande assente dal dibattito politico pre e post elettorale è stata proprio l’agricoltura, argomento collegato alla nostra economia, all’ambiente e al rapporto con l’Europa. Sebbene l’agricoltura riguardi solo un paio di punti del PIL, il territorio rurale rappresenta 70% dell’Italia. Qui si producono i prodotti tipici per i quali l’Italia gode in questo momento una fama forse superiore anche ai nostri monumenti. Inoltre, il paesaggio rurale svolge un ruolo di valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza fondamentale per agriturismo e turismo che valgono il 10 % del PIL considerando l’indotto. La storia è nota, dagli anni ’60 l’Europa ha puntato all’industrializzazione dell’agricoltura. Il risultato è che abbiamo un 20% circa di aree di agricoltura specializzata che stanno sul mercato, il rimanente del territorio ha invece gravi problemi di sviluppo o è in recessione. In pratica, puntare su abbassamento dei costi e su un’alta produttività si è risolto in un massiccio fenomeno di abbandono, pari a quasi la metà delle aree un tempo coltivate. L’agricoltura specializzata ha avuto successo in pianura, dove peraltro si concentrano anche i maggiori processi di urbanizzazione, ma la collina e la montagna, il 76,8% % del paese, sono in profonda crisi. Dagli anni ’90 la svolta “verde” delle politiche europee ha spesso sostenuto tale processo, sovvenzionando gli agricoltori per riportare la “natura” in campagna, favorendo anche imboschimenti nelle aree abbandonate. Ci ha regalato così anche un nuovo concetto di qualità del paesaggio e di ambiente, di cui per la verità non sentivamo il bisogno. Il paesaggio agrario italiano è storicamente ricco di alberature, che potevano benissimo svolgere anche funzioni ambientali, ma dagli anni’80 le abbiamo anche eliminate dalle statistiche perché non si confacevano alla definizione di agricoltura specializzata, per cui venivano assegnati i contributi. Certo l’agroindustria va piuttosto bene, anche perché spesso acquista materie prime all’estero dato che le nostre costano di più, sono infatti di maggiore qualità, ma così si alimenta di nuovo l’abbandono dell’agricoltura. Quale potrà essere quindi il modello di sviluppo rurale a cui il governo punterà? La politica agricola nel corrente periodo 2007-13 vale 52 miliardi di euro per l’Italia e la Commissione stima attorno al 46% complessivamente il contributo al reddito degli agricoltori. Si tratta di somme ingenti, ma per quale modello di agricoltura contratteremo con Brussels visto che la nuova PAC 2020-27 si discute adesso. La nostra competitività ha margini molto stretti, spesso legati a quel delicato connubio fra qualità della produzione e qualità dei luoghi, cioè il paesaggio, che rappresenta una delle poche prospettive per tante aree interne, ugualmente assenti dall’agenda politica. Tornando al caso toscano, per ora siamo a premiare degli eroi visto che, specialmente nelle aree collinari e montane, non si può altro che definire così chi cerca di ricoltivare la terra .