1. Casette e Prati di Cottanello
(Comune di Cottanello)
L’area denominata Prati di Cottanello, divisi in Prati di Sotto e Prati di Sopra, occupa un’estensione di circa 740 ha. L’area risulta essere particolarmente significativa per la persistenza storica di un paesaggio caratterizzato dall’alternanza di pascoli e di boschi, che rappresentano un punto di incontro tra l’insediamento antropico e il contesto naturale, con una ricchezza di elementi di alto valore storico, produttivo e ambientale. I pascoli oggi sono frequentati da numerosi animali: cavalli, mucche, pecore e capre si ritrovano spesso in compagnia di maiali allo stato brado. Le coltivazioni agricole, prevalentemente olivi e viti, si sviluppano in prossimità del centro abitato di Cottanello. Per quello che concerne il patrimonio boschivo, il leccio è l’elemento fondamentale della zona, insieme a castagno, quercia, roverella, faggi e cerro. Dai Prati di Sotto si giunge in località Casette, così denominata perché la zona è caratterizzata dalla presenza di costruzioni rurali in pietra, in precedenza sede dei coloni, poi abbandonate o utilizzate come stalle o rifugio per gli allevatori del luogo. L’integrità dell’area è dovuta al mantenimento di un’attività pascoliva estensiva, e alla continua e rinnovata interazione tra l’intervento dell’uomo e l’ambiente naturale, che si è espressa in un significativo paesaggio dal punto di vista storico e ambientale. Gli insediamenti rurali sono stati solo parzialmente interessati dai processi di modernizzazione della zootecnia industriale. Notevole importanza riveste il mantenimento delle strutture di canalizzazione delle acque e di difesa del territorio. La vulnerabilità dell’area è legata al progressivo avanzare del bosco sui pascoli non più oggetto di attività pascolive, e al fatto che alcune delle Casette sono oggi in condizione di degrado e soggette a cedimenti strutturali.
2. Castagneti di Canepina
(Comuni di Canepina, Vallerano, Soriano nel Cimino, Caprarola, Viterbo)
I castagneti di Canepina sono parte integrante del complesso dei castagneti dei Monti Cimini e ricoprono circa 1706 ha. La significatività dell’area è dovuta alla persistenza storica dei castagneti da frutto, un tipo di bosco che per secoli ha costituto la base economica e alimentare delle popolazioni appenniniche. I castagneti venivano governati sia a fustaia per la produzione dei frutti, sia a ceduo per la produzione di legna e altri assortimenti da lavoro e da opera. Il legname di castagno ha stimolato nel tempo la nascita di un fiorente artigianato legato alla sua lavorazione e una lunga tradizione di mastri bottai, che proprio a Canepina hanno continuato a costruire botti da vino fino a qualche decennio fa. Nei castagneti da frutto era pratica molto diffusa il pascolo in bosco degli ovini, per tenere pulito il sottobosco, un’attività che ha notevolmente caratterizzato sia la struttura interna dei boschi di castagno sia le forme del paesaggio. L’integrità dell’area è buona ed è dovuta alla ripresa negli ultimi vent’anni della castanicoltura dopo la crisi di metà Novecento, grazie anche all’istituzione della DOP Castagna dei Monti Cimini. Nonostante la buona situazione dei castagneti di Canepina sono presenti alcuni elementi di vulnerabilità, come il fatto che le piante con dimensioni notevoli siano sempre più rare e oggetto di varie patologie, tra cui il cinipide galligeno del castagno (Dryocosmus kuriphilus). Il pascolo degli ovini in bosco non viene più praticato, perdendo l’interazione tra castanicoltura e pascolo che ha per secoli modellato buona parte del paesaggio montano appenninico.
3. La Farnesiana
(Comuni di Allumiere, Tarquinia)
L’area della Farnesiana insiste su una superficie di circa 1028 ha lungo le pendici nord-occidentali dei Monti della Tolfa. L’area risulta essere significativa per la persistenza storica di un paesaggio risalente al periodo medievale, capace di coniugare in poche centinaia di ettari i tratti salienti della Maremma Laziale e dei Monti della Tolfa. Il paesaggio della tenuta è infatti caratterizzato dall’equilibrio e l’integrazione fra le funzioni svolte dai pascoli, dalle colture agricole e dal bosco. In questa promiscuità di ambienti si è perfettamente adattata la razza bovina maremmana, i cui capi, particolarmente forti e resistenti alle difficoltà climatiche, sono adatti ai terreni marginali e ai foraggi scadenti. Oggi la tenuta della Farnesiana è sede di un’azienda agricola che oltre a svolgere attività agrituristica ha mantenuto i prodotti tradizionali producendo carni bovine e suine, ortaggi, vino, olio, frutta. Circa la metà della superficie della tenuta è ricoperta da macchia mediterranea e da bosco misto di querce, con una prevalenza di cerri e lecci, il versante sud-occidentale è caratterizzato da una ventina di ettari di sughere. Sia il bosco sia la sughereta sono sottoposti a regolare trattamento, ma soprattutto ricoprono una funzione fondamentale nell’allevamento brado delle vacche maremmane, circa 250 capi, che nel periodo estivo vi trovano riparo dal caldo. L’integrità dell’area è dovuta al mantenimento dell’equilibrio tra le aree coltivate, i pascoli e le aree boscate che sono regolarmente utilizzate. All’interno della tenuta non si riscontrano particolari vulnerabilità, né per l’abbandono dell’attività agricola, né per fenomeni di dissesto.
4. Gole del Farfa
(Comuni di Mompeo, Castelnuovo di Farfa, Salisano, Casaprota, Poggio Nativo)
L’area delle Gole del Farfa è caratterizzata dalla presenza di oliveti, e estende per circa 1283 ha. La significatività del paesaggio delle Gole del Farfa è da ricercarsi nella persistenza millenaria dei tradizionali oliveti, coltivati anche in forti pendenze con l’ausilio di frequenti lunette per il contenimento del terreno. La produzione dell’olio ha creato nei secoli un’economia di lunga durata, accompagnata fino alla seconda metà del XX secolo dall’allevamento degli ovini e dalla produzione di carne, formaggi e lana. L’integrità del paesaggio è dovuta al sostanziale mantenimento degli oliveti, minacciati dall’invecchiamento della popolazione lavorativa e dagli alti costi della manodopera, derivati spesso dalle forti pendenze del territorio e dalla conseguente difficoltà di introdurre macchinari moderni. La vulnerabilità è legata ai fenomeni di abbandono, attualmente limitati agli oliveti marginali e a quelli posti nei terreni più scoscesi, difficilmente meccanizzabili. Ma ciò che è andato perso maggiormente, e che sta scomparendo del tutto, è il tradizionale pascolo ovino negli oliveti, con il conseguente diffondersi in questi ultimi di specie erbacee infestanti. Ulteriori elementi di vulnerabilità riguardano la realizzazione di impianti olivicoli specializzati ad alta densità, che trasformano le caratteristiche storiche del paesaggio tradizionale facendogli perdere le caratteristiche di unicità.
5. Oliveti terrazzati di Vallecorsa
(Comune di Vallecorsa, Castro dei Volsci)
L’area è costituita da una serie di oliveti terrazzati estesi per circa 1314 ha ricavati dal modellamento dei blocchi di calcare. La significatività dell’area è dovuta alla persistenza storica e al grande fascino di un “paesaggio di pietra” dove il modellamento carsico dei blocchi di calcare affioranti è stato assecondato e ricalcato dal lavoro contadino, per fare posto alla coltura dell’olivo. A colpi di mazza gli uomini hanno spaccato i blocchi e creato un’infinità di muri a secco per la protezione delle greggi e dei campi, per la creazione di pozzi, la costruzione di case e cisterne, ma soprattutto per il sostegno di terrazze e terrazzine su cui hanno insediato le piante d’olivo. I muri a secco qui prendono il nome particolare di “macere”, e il loro aspetto solido e imponente gli è conferito dallo spessore (in media di un metro), dall’altezza che varia dai 2 ai 3,5 metri e dalla dimensione dei blocchi di pietra calcarea sovrapposti l’uno sull’altro senza l’impiego di materiali leganti. Oltretutto, per evitare pressioni e tiraggi che provocherebbero frane, quasi ogni pianta qui viene ulteriormente ingabbiata tanto che non è raro imbattersi in terrazze costruite per l’alloggio di un solo esemplare arboreo. Il paesaggio dell’area presenta notevoli caratteristiche di integrità, con elementi di grande interesse non soltanto collegati alla presenza dell’olivo, ma anche ad altre colture agricole e ai pascoli posti lungo le pendici montane. Per quanto riguarda la vulnerabilità, essendo quasi scomparsa la pastorizia, l’olivicoltura pascolata con cui si facevano pernottare le pecore sotto gli oliveti per concimarli è stata sostituita dalla concimazione chimica e dall’utilizzo degli erbicidi per la pulitura dei terreni. Il rischio maggiore è la definitiva crisi di questa forma di olivicoltura per l’abbandono da parte delle popolazioni locali che ne sono i principali garanti. Oltre alla perdita di un paesaggio straordinario ciò darebbe luogo anche a importanti fenomeni di dissesto idrogeologico.
6. Tenuta del Cavaliere
(Comune di Roma)
La Tenuta del Cavaliere si estende per circa 140 ha. La significatività dell’area è dovuta al fatto che essa rappresenta un importante esempio di persistenza storica di un paesaggio tipico della coltura estensiva dell’agro romano in età moderna, proprietà di famiglie nobiliari o di enti religiosi, contraddistinto da produzioni di frumento e foraggio e dalla diffusa presenza dell’allevamento. La tenuta del Cavaliere, a differenza di molte altre aree dell’agro romano contemporaneo, ha conservato una grande integrità e un’elevata leggibilità del paesaggio: un patrimonio rurale che acquista un valore ancora maggiore se confrontato con i quartieri dell’adiacente periferia romana, privi di significative aree verdi. L’indirizzo produttivo rimane orientato verso la coltivazione foraggera, oggi prevalente rispetto a quella cerealicola, e verso l’allevamento del bestiame da latte. La vulnerabilità della tenuta è fortemente legata alla crescita delle aree urbanizzate circostanti, una pressione insediativa nei confronti della quale la sua presenza esercita un ruolo fondamentale per la salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente. Altri elementi di vulnerabilità sono rappresentati dalle periodiche esondazioni del vicino fiume Aniene, spesso particolarmente distruttive, che possono compromettere le coltivazioni stagionali e danneggiare alcune infrastrutture.