1. Cerealicoltura di Melanico
(Comune di Santa Croce di Magliano)
L’appellativo tradizionalmente dato a Santa Croce di Magliano, quello di “granaio del Molise”, si riferisce soprattutto ai paesaggi della cerealicoltura della Contrada Melanico, in provincia di Campobasso. L’area di studio è estesa per circa 2304 ha. La significatività dell’area è legata alla persistenza storica della coltivazione estensiva dei cereali, ancora oggi in netta prevalenza rispetto al foraggio o agli ortaggi. Dal Catasto provvisorio del 1815 emerge che all’inizio del XIX secolo quasi i tre quarti della superficie agro-forestale del comune erano ricoperti da seminativo, senza piante legnose e con poche colture specializzate; il resto del territorio era adibito al pascolo La secolare tradizione della cerealicoltura ha dato una netta impronta al paesaggio, caratterizzato da grandi spazi e arricchito a partire dagli anni Cinquanta del Novecento dalla presenza di piccoli uliveti. L’integrità del paesaggio è stata influenzata dalla Riforma fondiaria, quando parte dei terreni di Melanico venne frammentata in 28 poderi di circa 6-8 ha ciascuno, ognuno provvisto di casa colonica in mattoncini rossi. Con le assegnazioni si è tuttavia mantenuta la diffusa coltura dei cereali, sebbene accompagnata da piccoli oliveti e orti in prossimità delle case coloniche. La vulnerabilità dell’area è legata al rischio di una progressiva ulteriore frammentazione.
2. La Pista a Campomarino
(Comune di Campomarino)
Il mosaico di colture agricole delle grandi proprietà, tipico del Novecento, caratterizza la località La Pista, nel comune di Campomarino, estesa per circa 594 ha. La significatività dell’area è dovuta al paesaggio caratterizzato dalla coltivazione di ortaggi, arricchita da piccoli seminativi e da non estesi impianti di vigneti, pescheti, albicoccheti e oliveti. L’area è denominata ufficialmente Contrada Cianaluca, dal nome del proprietario Gianluca o Giovanni Luca Carriero, un nobile settecentesco, ma è meglio nota agli abitanti come “La Pista”, per essere stata interessata negli anni 1943-1945 dal posizionamento di campi di aviazione usati dagli Alleati. Tra la strada e le abitazioni si possono ancora notare le piccole “pezze” coltivate a ortaggi per uso familiare, divenute caratteristiche sin dal primo momento dell’insediamento e che presentano una certa integrità. Le abitazioni sono dislocate in modo simmetrico sui due lati della strada, quasi a ridosso della carreggiata e in posizione centrale rispetto agli appezzamenti che si estendono, invece, alle spalle delle case. Sulla parte ex feudale, invece, la coltura del grano è stata abbandonata già nei primi anni Sessanta, in seguito alla realizzazione di impianti irrigui consortili, per essere sostituita da colture di alto reddito: dapprima il tabacco (oggi completamente scomparso nella zona) e successivamente la barbabietola da zucchero e gli ortaggi. Nella zona si è assistito a un fenomeno piuttosto inusuale: nonostante i nuclei familiari fossero alquanto numerosi, non si è verificato il fenomeno del frazionamento della proprietà.
3. Oliveti di Venafro
(Comune di Venafro)
L’area riguarda oltre 947 ha di oliveti, i quali si spingono dalla pianura sino alle propaggini delle pareti scoscese. La significatività dell’area è legata alla persistenza storica del paesaggio olivicolo composto da olivi di antico impianto e che assumono talvolta l’aspetto di bosco. Si tramanda che l’olivo sia stato introdotto in Venafro da un certo Licinio, forse uno dei tanti coloni-veterani romani, da cui il nome delle piante “liciniane”, specie da tempo molto diffusa nella zona. Oggi l’olio locale è riconosciuto dalla DOP Molise, mentre il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali riconosce come Prodotto Agroalimentare Tradizionale le “olive al naturale” di Venafro. La Regione Molise e il Comune di Venafro hanno avviato l’istituzione di un parco agricolo regionale degli ulivi che prevede inoltre un censimento degli alberi monumentali di olivo, alcuni plurisecolari e con circonferenza importante. Si tratta di una iniziativa estremamente importante, volta ad avviare finalmente nel nostro paese un’opera di valorizzazione degli aspetti culturali del paesaggio italiano, largamente prevalenti rispetto alla matrice naturale, cercando di contrastare i fenomeni di abbandono spesso visti come positivi nelle aree protette. Il paesaggio si presenta ancora integro. Nel corso del tempo la realizzazione di terrazzamenti, con muretti a secco, nelle aree acclivi ha conferito ulteriori elementi di interesse al paesaggio storico, oltre a contribuire alla sistemazione idrogeologica. Il valore di questo paesaggio rurale viene accresciuto dal suggestivo contesto ambientale, caratterizzato dalle pareti verticali e dalle creste dei rilievi dei Monti Sammucro, Corno e Santa Croce. La vulnerabilità è soprattutto legata ai processi di abbandono.
4. Sorgenti di Monteroduni
(Comune di Monteroduni)
L’area delle Sorgenti è costituita da un territorio pianeggiante di origine alluvionale, esteso per circa 971 ha, caratterizzato da sorgenti e canalizzazioni al servizio di una maglia poderale. Il territorio di Monteroduni è dominato dall’insediamento in altura e dal castello omonimo. È uno dei castelli più belli del Molise, sia per quanto riguarda la struttura architettonica sia per lo stato di conservazione e la posizione, sulla sommità del centro abitato, ben visibile dalla vallata. L’area mostra ramificate canalizzazioni al servizio della maglia poderale, tipiche dell’agricoltura irrigua che da secoli caratterizza questa zona del Molise. La presenza delle sorgenti ha permesso coltivazioni di grano, foraggio, ortaggi e alberi da frutta, in una prolungata persistenza colturale accompagnata da una notevole parcellizzazione della proprietà fondiaria. Particolare rilievo ha la produzione delle pesche, in un’apprezzata varietà locale. Dal 1911 l’irrigazione è regolata da un Regolamento per la irrigazione dei campi emanato dal Comune di Monteroduni, valido per tutto il territorio comunale ma che si riferisce soprattutto a questa zona. Per quanto riguarda l’integrità in tutta l’area sono ancora ben evidenti le opere di canalizzazione delle acque per servire gli orti e le coltivazioni. La vulnerabilità dell’area si manifesta nel venir meno della manutenzione dei canali, con un conseguente degrado a causa della vegetazione che tende ad ostruirli e una crescente difficoltà nel mantenere costante il passaggio dell’acqua per l’irrigazione.
5. Tratturi dell’Alto Molise
(Comuni di Pietrabbondante, Pescolanciano, Agnone)
Il paesaggio alto-molisano, caratterizzato da ampi pascoli intervallati da boschi e aree coltivate a mais, legumi, patate e farro, è ben rappresentato dall’area di 1472 ha tra Collemeluccio e Montedimezzo. La significatività del paesaggio è legata ai pascoli e alla persistenza del tratturo Celano-Foggia, lungo 127 km e largo circa 110 m, che risale all’epoca dei Sanniti. È uno dei tratturi meglio conservati del territorio alto-molisano. Nei secoli passati ha rivestito un ruolo determinante per la formazione di quel complesso sistema economico e sociale che ha accompagnato la transumanza e che ha caratterizzato tutta l’area. Numerosi sono i segni dell’uomo lungo il tratturo, dalla toponomastica riferibile alla transumanza alla realizzazione di fontanili, luoghi di culto, ricoveri e taverne, fino alla formazione di piccoli nuclei e poi di centri abitati. Gli insediamenti di Pescolanciano, Civitanova del Sannio e Montalto di Rionero si sono formati infatti in prossimità del tratturo Castel di Sangro-Lucera, quello di San Pietro Avellana in prossimità del Celano-Foggia. Se l’estensione del tratturo è rimasta invariata, ne è invece mutato l’uso. Certamente sarebbe anacronistico pensare a una riattivazione della transumanza, se non per occasionali manifestazioni culturali sul recupero delle tradizioni. Ma le antiche vie armentizie, ben conservate, possono essere valorizzate per il turismo culturale, escursionistico e scolastico. Il paesaggio pastorale locale presenta una buona integrità. Le radure sono regolarmente sfalciate mentre la gestione dei terreni boscati e pascolivi avviene attraverso i piani di gestione forestale. Il percorso del tratturo è molto ben segnalato all’interno dell’area di studio da apposita cartellonistica. La vulnerabilità dell’area è legata soprattutto al persistere dei fenomeni di abbandono con l’avanzata del bosco sui pascoli. Scarsa è infine la manutenzione dei piccoli e caratteristici ricoveri in pietra, i thòlos.